“Racconti Fotografici” Numero 12: intervista a Roberto Seminari

Cari lettori è un onore per noi comunicarvi che la 12° edizione di “Racconti Fotografici” è stata dedicata a Roberto Seminari. Fotografo dal grande talento e fantasia. Le sue composizioni sono davvero suggestive, grazie alle sue grandi capacità di postproduzione e creatività. Roberto ci racconta la “Sua Fotografia” in maniera schietta e sincera. Molti suoi scatti sono approdati nei nostri principali magazine on-line, segno che la classe non è acqua. Buona lettura.

Ti puoi presentare per gli amici che ancora non ti conoscono ?
Ciao a tutti sono Roberto, 33 anni di Piacenza la mia visione di fotografia nasce in età adolescenziale tra giochi di ruolo, fantasy e successivamente la curiosità col mondo della grafica e della fotomanipolazione nella prima era del digitale.

Da piccolo cosa sognavi di fare?
Il cuoco, ma anche il viaggiatore, l’archeologo, l’astronomo e l’acchiappafantasmi!!!!

La prima foto che hai scattato?
Diciamo con cui lego un ricordo “tangibile” quando avevo 12 anni per una vacanza in Grecia mia madre mi regalò una vecchia kodak di quelle usa e getta subacquee , ma credo di aver riempito il rullino al secondo giorno di vacanza!

Quali sono i fotografi a cui ti ispiri e perchè ?
Per lo più hanno nomi impronunciabili, artisti dell’Est Europa che fanno della ritrattistica concettuale femminile (e non solo) una forma d’arte di colori, forme e messaggi molto intensi ed evocativi.

Cosa non è per te la fotografia ?
Ognuno ha la SUA fotografia, il suo concetto con la propria visione fotografica data da tante cose..anche dai nostri “vissuti” e a volte dalla casualità e da come viviamo noi la vita; per me sicuramente tutto quello che NON passa dal cuore.

Qual è la sfida di ogni scatto?
Forse un po’ con me stesso, cercando di uscire da certi schemi o da certe “regole” attraverso una visione che spero di fare sempre più mia.

Chi o cosa ti piacerebbe fotografare ?
Ritratti in ambientazioni lontane passando dal gelo artico, a distese e praterie..isolati e sconosciuti.

Qual è il tuo prossimo progetto?  
Il prossimo è troppo imminente, visto che sarà tra poche ore e al momento della pubblicazione spero di aver già finito il tutto, ma a breve dovrei scattare con 2 sorelle albine ma non voglio svelare troppo!!!

Quali tappe hai attraversato per diventare il fotografo che sei oggi?
Penso la prassi di tanti, scattando di tutto e sperimentando tutto..avvicinandomi sempre di più alla “figura umana” come parte essenziale del mio comunicare.

Che difficoltà hai incontrato lungo il tuo percorso?
Sicuramente il tempo.

Che cosa è necessario per poter cogliere l’attimo giusto?
Ognuno di noi ha un “attimo giusto” anche in base al tipo di fotografia che facciamo: per alcuni potrebbe essere l’allineamento delle stelle, per altri un minuscolo insetto con la posa perfetta e quel pizzico di fortuna che non guasta, per altri un leone che fissa verso l’obiettivo..ma sicuramente la dedizione, la costanza e la pazienza.

Che rapporto cerchi di instaurare con le persone/soggetti che vuole ritrarre?
Cerco di essere me stesso e quindi anche goffo, buffo e senza “impostazioni ferree”, fotografare ragazze che sfidano il freddo, con una vestaglia estiva immerse nella nebbia in un lago di acqua gelida, o in posizioni non del tutto “comode” e situazioni “difficili” richiede sicuramente un approccio molto naturale, calmo e confidenziale e ci si arriva piano piano.

Cosa ha influenzato il tuo stile?
Come detto nella presentazione iniziale, mi ha sempre affascinato la mitologia nordica, del Nord Europa, con i racconti e le fiabe sin da piccolo, il mondo Fantasy da adolescente e una visione onirica quasi della femminilità.

Ci racconti un tuo aneddoto particolare o simpatico?
Volentieri! Un pomeriggio ero con una ragazza in una palude (piante morte, alberi in acqua ferma e altro), c’erano delle barchette incatenate agli alberi..saliamo sulla barca, faccio le foto, e tiro la catena per avvicinarmi alla riva il più possibile; rassicurante dico “vado prima io e poi ti do una mano”, appena mollo la catena e poggio il piede destro a riva, la barca va verso il largo e io (col piede sinistro ancora sulla barchetta) comincio una spaccata di altri tempi..cosi afferro la catena e tiro per avvicinarmi all’albero, ma non succedeva nulla anzi, la spaccata era sempre più lunga e sono finito in acqua salvando la reflex al collo! Morale: invece di tirare la catena in tensione attaccata all’albero, stavo tirando la catena lunga e molle attaccata alla barca.

Roberto Seminari on Facebook:  www.facebook.com/roberto.seminari

Pagina Ufficiale: www.facebook.com/RobertoSeminariPhotography

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