“Racconti Fotografici” Numero 203: intervista a Giampiero Bacchiocchi

Bentornati a “Racconti Fotografici” eccoci alla 203° edizione , oggi intervistiamo il fotografo Giampiero Bacchiocchi, buona lettura.

Ti puoi presentare per gli amici che ancora non ti conoscono ?

Ciao a tutti, mi chiamo Giampiero Bacchiocchi, fra poco compirò 57 anni, vivo a Saltara di Colli al Metauro, un piccolo borgo murato in provincia di Pesaro e Urbino, nelle Marche.

Sono architetto libero professionista, sposato con 2 figli. Ho la passione per la fotografia e per la montagna. Amo la mia Regione, il mio territorio, che sebbene sia poco conosciuto, sono convinto abbia grandi potenzialità per le bellezze ambientali e storico-architettoniche che possiede.

Da piccolo cosa sognavi di fare?

Sicuramente mi piaceva tutto quello che è legato al disegno e alle arti visive e credo non sia un caso se quella di architetto sia diventata la mia professione.

 

Quali sono i fotografi a cui ti ispiri e perchè ?

Confesso che non ho una grande cultura fotografica, ma 3 nomi posso farli: Franco Fontana, Mario Giacomelli e Steve McCurry. Di Franco Fontana mi piace la decontestualizzazione e geometrizzazione del paesaggio; nell’opera del mio corregionale Mario Giacomelli ritrovo i sapori della mia terra, e quando mi sono trovato davanti il “Ritratto di ragazza afgana” di Steve Mc Curry, sono rimasto in contemplazione per molto tempo. Ma di ispirazione sono certamente anche la pittura surrealista per le atmosfere e le sfumature dei volumi e l’impressionismo per le tonalità cromatiche e non posso non citare Caravaggio per la luce.

Cosa non è per te la fotografia?

Un mestiere. Se dovesse diventarlo, perderei, ne sono sicuro, molta della libertà e del piacere che provo quando decido di andare a fotografare le mie colline.

Qual e` la sfida di ogni scatto?

Trovare la luce giusta e riuscire a trasmetterla

Che cos’e` la curiosita`?

E’ il presupposto per la conoscenza

Chi o cosa ti piacerebbe fotografare ?

Non ho un soggetto preciso, e non credo che sia importante. Come dicevo, la sfida è sempre quella di trovare la luce giusta.

 

Qual e` il tuo prossimo progetto?

Non ho progetti. Molti amici mi chiedono che cosa ne farò delle mie foto e perché non cerco di valorizzare il mio lavoro, e io ripeto che faccio foto per me stesso. Ho partecipato ad alcuni concorsi anche con buoni risultati, ma lo scopo non è quello di trasformare una grande passione in una “cosa seria”. Ti dirò di più: la fotografia la intendo come una esperienza talmente intima che non ho mai partecipato ad uscite di gruppo o con altri colleghi fotoamatori. Da questo punto di vista sono un lupo solitario.

Quali tappe hai attraversato per diventare il fotografo che sei oggi?

Non mi sento un fotografo, ed essendo convintamente autodidatta (mai fatto corsi in vita mia) non ho delle tappe fondamentali alle quali far riferimento, bensì un lento e costante apprendimento che mattone dopo mattone, mi ha permesso di imparare diverse cose.

Che difficoltà hai incontrato lungo il tuo percorso?

Il mio percorso formativo in realtà e a dispetto dell’età, è piuttosto breve. Posso farlo risalire a circa 3 anni fa, quindi è iniziato molto tardi purtroppo. Nella prossima vita inizierò sicuramente da giovane! La difficoltà maggiore (ma anche la sfida più stimolante) è stata quella di mettersi a studiare una materia del tutto nuova e senza l’intermediazione di corsi.

Quali esperienze decisive hai avuto nell’ambito fotografico?

Nessuna in particolare a parte l’aver scoperto pagine e gruppi facebook dedicati alla fotografia dove ho potuto confrontarmi con altre persone.

Che cosa è necessario per poter cogliere l’attimo giusto?

Non credo molto nella fortuna di trovarsi nel posto giusto al momento giusto, quindi penso che un buon risultato si ottenga con la perseveranza e l’impegno nello studio.

Cosa ha influenzato il tuo stile?

Sicuramente gli studi universitari e la professione di architetto. Le Corbusier affermava: “L’Architettura è il gioco sapiente, rigoroso e magnifico dei volumi sotto la luce”; secondo me la fotografia ha molte analogie con questa massima lecorbusieriana. La luce giusta, l’equilibrio di una composizione sia essa architettonica che di una immagine fotografica, le proporzioni, sono tutti principi applicabili all’architettura e alla fotografia. E una corretta composizione è a mio parere il presupposto imprescindibile di una buona fotografia.

 

Quali sono i problemi che riscontri oggi nel fotografare ?

Essendo per me solo una grande passione, vivo tutto quello che ruota intorno alla fotografia in modo molto tranquillo, spensierato e allegro, ho le mie regole e le mie idee ma rispetto il lavoro di tutti, siano essi neofiti o fotografi affermati. Non sopporto gli arronganti e coloro che si sentono “arrivati”. Il problema che mi assilla è solo quello di trovare una buona luce quando ho del tempo libero per uscire e andare a fare foto.

 

Ci racconti un tuo aneddoto particolare o simpatico?

Lo scorso anno ad una mostra di mie foto che si svolse al mio paese, un signore mi sentì parlare di una immagine che si riferiva alla zona in cui risiedeva. Mi chiese di mostrargliela, ma egli non riuscì a capire di che posto fosse. La foto ritrae, come spesso mi accade, una porzione o decontestualizzazione di un paesaggio con soggetto principale una meravigliosa casa colonica. Gli spiegai quale fosse la strada che conduceva al luogo e lui, esterrefatto, mi disse che ogni mattina percorreva quella strada per andare al lavoro e che mai si era accorto di una simile bellezza.

Questo dimostra il fatto che siamo talmente immersi nella frenesia del vivere quotidiano che non ci accorgiamo del bello che ci circonda, e ci perdiamo il meglio.

 

 

 

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