“Racconti Fotografici” Numero 281: intervista a Marco Gabbuggiani

Bentornati a “Racconti Fotografici” eccoci alla 281° edizione , oggi intervistiamo il fotografo Marco Gabbuggiani, buona lettura.

Ti puoi presentare per gli amici che ancora non ti conoscono?
Un caloroso saluto a tutti gli appassionati di fotografia come lo sono io. Marco Gabbuggiani, nato e vissuto in una città (Firenze) che mi ha abituato sicuramente al bello come bella è la fotografia

Da piccolo cosa sognavi di fare?
Credo che il primo desiderio di ogni maschietto sia sempre stato quello di fare il pompiere per poi lasciare il posto (da adolescente) al ginecologo. Nella realtà io volevo semplicemente essere come mio padre, grande esempio di correttezza e serietà nel lavoro come nella vita. Il resto, sarebbe venuto a tempo debito.

La prima foto che hai scattato?
Credo che la prima foto che ho scattato risalga all’alluvione di Firenze del 1966 quando, ragazzino,  mi trovai sotto casa 4 metri di acqua che correva come un fiume. Mio padre aveva 3 rotolini in bianco e nero che esaurii totalmente documentando la crescita dell’acqua, prima, e il fango dopo.

Quali sono i fotografi a cui ti ispiri e perché ?
Non ho un vero e proprio ispiratore che guida il mio modo di fotografare. Adoro Sebastiao Salgado per le foto emozionali e “vere” che realizza. Per il resto mi ispiro a tutti i grandi autori ma anche a lavori di amici o altri fotoamatori. Mi affascina e ispira sempre e chiunque riesce a trasmettere un’emozione vera. Può essere un ragazzino di 10 anni come uno Steve Mc Carry. Una foto bella ed emozionale vale a prescindere da chi l’ha scattata.

Cosa non è per te la fotografia ?
Per me la fotografia NON è la sola rappresentazione oggettiva di una scena che ti si para davanti ma è la vera rappresentazione dello stato d’animo e dell’emozione che prova il fotografo che osserva. Sono convinto che la cosa più giusta che sia mai stata detta in merito alla fotografia sia la famosa frase di Bresson che recitava: fotografare è mettere sulla stessa linea di mira, il cuore, la mente e l’occhio. Una frase che si integra perfettamente con l’altra di Ansel Adams che affermava… “Non fai la fotografia solo con la macchina fotografica. Tu metti nella fotografia tutte le immagini che hai visto, i libri che hai letto, la musica che hai sentito e le persone che hai amato.”
Per questo, la fotografia per me non è la ricerca di quel sensazionalismo commerciale che molti famosi nomi hanno cavalcato cercando di scandalizzare o abusando di programmi di foto-correzione. La foto valida è per me qualcosa di naturale che riesce a trasmettere agli altri l’emozione che ha provato il fotografo, anche se questa è stata costruita in un set.

Qual è la sfida di ogni scatto?
Qualsiasi genere di fotografia io vada a fare, lo scopo è sempre quello di rappresentare l’emozione provata nel vedere una scena. Rappresentarla e riuscire a trasmettere il tutto senza doverla spiegare a chi la osserva. La foto è come una barzelletta: se la devi spiegare, vuol dire che non è una bella barzelletta.
E questa è la sfida che affronto ogni volta che scatto una foto!

Che cos’è la curiosità?
La curiosità è tutto. L’osservare è tutto. Se non sei curioso e non riesci ad emozionarti per quello che vedi, non puoi fare delle belle foto.

Chi o cosa ti piacerebbe fotografare ?
A me piace fotografare tutto. Molti miei colleghi mi dicono che un fotografo dovrebbe crearsi un settore e una caratteristica principale che lo fa individuare come un certo tipo di fotografo (di moda, di glamour, di paesaggio… ecc). Io amo fotografare tutto quello che mi emoziona e che mi si para davanti rispecchiando il mio stato d’animo del momento. Se devo prediligere qualcosa in particolare, amo la fotografia glamour perché amo la donna ed il suo corpo. Adoro anche fotografare le persone e quindi giro spessissimo con la reflex cercando di immortalare situazioni particolari in strada o decidendo per un certo tipo di reportage, anche improvvisamente! Sul momento!

Qual è il tuo prossimo progetto?
Il mio prossimo progetto è completare la realizzazione di una serie di scatti nudo erotico senza mostrare assolutamente niente delle parti intime della donna ma esaltando quell’erotismo fatto di movimenti, atteggiamenti ed espressioni ed utilizzando anche il movimento della camera in fase di scatto. Niente di esplicito o pornografico ma qualcosa tendente a lasciare libera la mente di galoppare nell’immaginario.
Un altro progetto che ho in mente riguarda invece la visione del mondo da parte dei bambini. Punti di vista diversi ed emozioni diverse vissute da questi piccoli cuccioli di uomo.

Quali tappe hai attraversato per diventare il fotografo che sei oggi?
Il percorso è stato lungo ed è iniziato quando dovevo conciliare la scuola, con gli amici e con lo sport a livello agonistico militando in serie A di pallavolo. Era dura alle 23 e passa, allestire camera oscura con acidi vasche ed ingranditore dopo l’allenamento giornaliero e con la scuola che mi aspettava la mattina. Infatti, dopo qualche anno passai alla fase successiva che mi ha visto quasi abbandonare questa passione, preso com’ero dalla carriera lavorativa e dalla famiglia. Dopo tanti anni il tutto è riesploso quando mia figlia e mio genero mi regalarono un corso di fotografia digitale per riprendere una passione solo momentaneamente sopita.
Ed il tutto è esploso in maniera dirompente. Da allora, difficilmente esco di casa senza la mia fede macchina fotografica; fosse anche una semplicissima compatta.

Che difficoltà hai incontrato lungo il tuo percorso?
Le difficoltà trovate sono sempre e soltanto dipese da me. Io sono, e sarò sempre, il primo enorme critico di quello che faccio! Spesso mi rendo conto di aver fatto una buona foto o un buon reportage ma… sono sempre stati prima gli altri che hanno valorizzato il mio lavoro. Questo difetto/non difetto mi ha comunque aiutato a migliorarmi sempre di più fino a farmi togliere molte soddisfazioni professionali che, pian pianino, hanno contribuito anche ad alimentare la mia autostima fotografica, mantenendo sempre, un grande spirito autocritico.

Quali esperienze decisive hai avuto nell’ambito fotografico?
La prima esperienza importante l’ho vissuta proprio a quel corso di fotografia regalatomi da mia figlia quando uno degli insegnanti, dopo averci fatto portare 5 foto a scelta per capire il livello di noi studenti, ci invitò a realizzare 5 scatti fatti nei dintorni di casa o di lavoro. Praticamente dovevamo riuscire a trovare una cosa degna di essere fotografa nel “banale quotidiano”. Credo che quello fu il lavoro più difficile che abbia mai fatto perché portare una bella foto scattata dall’Empire o da una spiaggia caraibica (come avevamo fatto nel primo incontro), sono tutti bravi! Tutt’altra cosa è fotografare ciò che ti passa davanti 3-4 volte al giorno e trovarci qualcosa di interessante e degno di una foto!
Fu un’esperienza difficile, ed una grande sfida di grande insegnamento.
Da allora ho iniziato a osservare con altri occhi TUTTO quello che mi passa davanti. E questo mi ha insegnato tantissimo!

Che cosa è necessario per poter cogliere l’attimo giusto?
Credo che l’attimo nasce dentro di te. Da come ti poni quando sei in giro, dal tuo stato d’animo, dalla tua allegria o dalla tua tristezza o malinconia. Se capiti al momento giusto e con lo stato d’animo adatto di fronte a quello che ti si para davanti, la foto è fatta!
Mi succede spesso di muovermi per fotografare e di tornare a casa senza aver scattato una foto. Mi sono accorto però che non è colpa del luogo poco ispirante ma la colpa è solo tua. Si perché le stesse identiche strade ti capita magari di percorrerle due giorni dopo, e trovi mille spunti. Sicuramente facendo street a New York, è molto più facile tornare a casa con molte più foto rispetto a fare la stessa cosa in un paesino di poche anime ma… anche nel paesino di poche anime può venir fuori la bella foto se TU, fotografo, sei predisposto a percepire il bello che i tuoi occhi vedono e la che la tua mente elabora.
Una cosa che è comunque assolutamente ed oggettivamente necessaria è quella di scattare la foto nel momento in cui la vedi. Non puoi dire che stupendo affaccio, ma adesso arrivo nel tal posto e al ritorno scatto la foto. NO! Devi fermarti, se necessario tornare sui tuoi passi e scattare la foto perché… mezz’ora dopo nel 99% dei casi, la foto non la vedi più!

Che rapporto cerchi di instaurare con le persone/soggetti che vuoi ritrarre?
Quando scatto persone, per me è basilare instaurare un minimo di rapporto con il soggetto. Un caffè, un panino, due chiacchere; qualsiasi cosa. Devo capire chi ho davanti per sapere come scattare il soggetto. E questo, sia che scatti con modelle professioniste, sia (e forse di più) con ragazze qualsiasi che mi commissionano il lavoro. Questo “feeling” modella/fotografo è ancor più importante se le foto prevedono scatti di nudo o di glamour dove il rapporto modella/fotografo, se viene a mancare, la mediocrità del lavoro è garantita. Cerco sempre di fare questo anche per capire che cosa può darti la modella e cosa gli si addice maggiormente: ad una donna elegante e sofisticata è inutile che tu voglia scattare foto mentre si sganascia dalle risate perché non verrà nulla di buono. Ad una donna pudica è inutile che tu insista per farla spogliare ma devi cercarne l’erotismo e la sensualità giocando con gli sguardi, gli atteggiamenti, i sorrisi, gli ammiccamenti ecc ecc.
E questi sono solo alcuni esempi.

Cosa ha influenzato il tuo stile?
Ho sempre sostenuto che lo sguardo di chi osserva il tuo lavoro,  sia il vero metro di misura di una foto ben riuscita. Rimanendo sull’argomento donna, ho sempre cercato quel vedo/non vedo nel corpo femminile giocando spesso con le luci piazzate a sommo studio e cercando di essere originale. Come tutti ho iniziato a fotografare modelle in gruppo con altri fotografi ma io scattavo sempre da posizioni e con luci diverse rispetto agli altri. Se 4 colleghi erano davanti al flash in attesa di fare il loro scatto, io giravo intorno alla modella e, magari sfruttando la luce pilota del flash, facevo le mie foto completamente diverse da tutti. Lo stesso dicasi quando fotografo un paesaggio o un’architettura. Cerco sempre di rappresentare ciò che, a colpo, ha impressionato il mio sguardo ed ha fatto sì che decidessi di scattare quella foto. Non faccio mai foto cartolina dove l’occhio di chi osserva si perde e non sa dove posarsi, ma cerco sempre di dare risalto a quel particolare che mi ha indotto a scattare QUELLA FOTO; che sia un particolare nella composizione o semplicemente… una luce. Quella luce con cui mi diletto a giocare e che è stata ispirante per una mia amica che, dopo tante foto scattate insieme, mi attribuì quell’appellativo, (o alians, o nome d’arte, chiamatelo come volete) di: “CACCIATOREDILUCE”

Quali sono i problemi che riscontri oggi nel fotografare ?
Uno dei problemi che oggi riscontro nel fotografare è sicuramente quello di realizzare foto che siano conformi alle aspettative del soggetto che vai a fotografare.
Da parte mia, avendo la fortuna di fare questo lavoro non come principale lavoro, posso permettermi il lusso di scegliere ciò che mi va o…. non mi va di fotografare. Chi vuol farsi fotografare deve fidarsi di me e non aspettarsi che lo porti indietro (ad esempio) di 10 anni o che gli renda la pelle di plastica o che gli tolga 10 kg di peso. Non è questo quello che amo fotografare ed in più non ho molta dimestichezza con i programmi di fotoritocco. Oltretutto considero le foto elaborate in maniera eccessiva, non più delle foto ma delle immagini: sicuramente belle immagini per una pubblicità ma non sono più da considerare delle fotografie.

Ci racconti un tuo aneddoto particolare o simpatico?
Ho due aneddoti da raccontare. Uno simpatico e l’altro, sconvolgente.
Il goliardico riguarda una foto scattata sul Ponte Vecchio a Firenze ad una coppia veramente bellissima con un atteggiamento tenerissimo che sprizzava amore da qualsiasi punto la guardassi. La luce era perfetta, loro erano bellissimi mentre si abbracciavano sorridenti e felici. Per cui… click! Nonostante che si possa fotografare chiunque sulla pubblica via, dopo aver fatto una foto di street, mi faccio sempre vedere per rispetto nei confronti delle persone che immortalo.  Lui mi vide, sorrise e venne verso di me dicendomi pacatamente: scusi, lo so che siamo in strada e che lei può tranquillamente fotografarci, ma le sarei grato se lei cancellasse la foto che ci ha fatto. Faccio anche io fotografie come lei ma il problema è che, né io né lei dovremmo essere qui e tantomeno, abbracciati l’un l’altro!”  Sorrisi, capii e cancellai quella foto, se pur con grande dispiacere, guadagnando un sorriso ed un grazie pieno di gioia.
L’altro episodio, quello sconvolgente, l’ho vissuto ad Aushwitz dentro il campo di concentramento. Costruzione dedicata ai bambini morti nel campo con esposte teche piene di vestiari, bambole e quant’altro appartenuto a quei poveri piccoli morti nel campo. Coppia di russi con bambino di non più di 5 anni al quale spiegavano TUTTO quello che stava vedendo (cosa che io non avrei mai fatto). In quell’ala era vietato fare foto ma noi fotografi siamo “malati” e quindi riposi la reflex nello zaino e misi al collo la “piccolina” con scatto remoto tramite cellulare. Dentro di me sentivo che ci sarebbe scappata la foto valida e, davanti alla vetrina con migliaia di scarpe accatastate appartenute a piccoli cuccioli di uomo mai cresciuti, mi appoggiai osservando quel bambino che incredulo guardava quello che i suoi genitori gli avevano spiegato. Da lì.. i due scatti che trovate di corredo a questa intervista. Scatti tecnicamente irrilevanti e mediocri ma che hanno una profondità immensa con quel bambino che, prima guarda attonito quei cimeli di morte simili a quelli che lui ha ai piedi per poi voltarsi verso di me, smarrito e quasi impaurito, quasi come a voler dire: “ma che cavolo avete fatto voi grandi!”. Il riflesso del suo volto sul vetro ha poi enfatizzato ancora di più la foto quasi come a rappresentare i fantasmi dei suoi coetanei meno fortunati.

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Collaboro da un anno con alla rivista  Culturacommestibile (rivista di arte e cultura) con la mia rubrica fotografica settimanale dal titolo “Emozionando”:
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Da cinque giorni sono stato catalogato tra i  “top 10% most influential ViewBug members” del sito
con i miei 22.853 followers e 52.100 Awards.
Questo il link alla mia pagina:
https://www.viewbug.com/member/marcogabbuggiani

Mostre:
Nel 2019 con il patrocinio del Comune di Firenze mostra fotografica su l’Olocausto insieme all’amico e collega Francesco Ruggeri (allego anche la locandina per eventuale vostro giudizio di utilizzo).
La stessa mostra sarà quest’anno esposta a Sant’Anna di Stazzema (covid permettendo)

 

 

 

 

 

 

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