“Racconti Fotografici” Numero 176: intervista a Mattia Ferrari

Bentornati a “Racconti Fotografici” eccoci alla 176° edizione , oggi intervistiamo il fotografo Mattia Ferrari, buona lettura.

-Ti puoi presentare per gli amici che ancora non ti conoscono ? 
Ciao sono Mattia Ferrari, ho 30 anni, abito a Parma e sono uno street photographer.
La fotografia è il linguaggio con cui mi sento più a mio agio e ha sempre avuto una “corsia previlegiata” nella mia quotidianità, anche molto prima di avere una mia macchina fotografica seria, nel 2013.
Attualmente il mio corredo è composto da una Fujifilm XE3 e un 16mm che uso prevalentemente per la mia street (la trovo perfetta) e una Nikon D7100.
Dopo vari percorsi personali e scatti ho capito che la tipologia di fotografia che più mi rappresenta è molto minimal e con forti contrasti di luce e ombre.
-La prima foto che hai scattato? 
Le prime foto che ho scattato erano foto alla natura che mi circondava, ai tempi fotografavo tutto ciò che avevo a portata di mano, poi piano piano ho ristretti il campo… Invece le prime foto street mi ricordo che furono in bianco e nero scattando alle persone che trovavo in giro per la mia città, mi ricordo di una signora spazientita che aspettava l’apertura della farmacia, un gruppo di ragazzi con uno sfondo geometrico o delle persone che portavano sacchi della spazzatura, non erano foto molto significative ma già da lì capii che era ciò che mi interessava.
-Quali sono i fotografi a cui ti ispiri e perchè ? 
Sono sempre stato fortemente attratto dalla fotografie degli artisti dell’agenzia magnum, come penso la gran parte degli amanti della fotografia in generale e della street photography.
Robert Capa, Henri Cartier-Bresson ed Elliott Erwitt per citare i primi che mi vengono in mente, ma sono molti altri.
Fotografi contemporanei invece su tutti
Alex Majoli , Alan Schaller , Mimmo Jodice, Bernd Schäfers, Don Springer per la tipologia di street/reportage che più mi piacere, ricco di intensità e contrasti , Pau Buscato e Franco Fontana per il minimalismo e l’uso del colore.
Questi detti sopra sono per me fonte di grande ispirazione, ma ci sono molti altri (anche non “famosi” come quelli citati prima) che seguo sui vari social, soprattutto Instagram che a mio avviso sono veramente bravi, seguo ogni loro scatto. Due esempi? George Natsioulis e Ovidiu Selaru.
-Cosa non è per te la fotografia ? 
La fotografia per me non è scattare senza avere dietro un pensiero o una idea.
-Qual e` la sfida di ogni scatto?
La sfida dietro ogni mio scatto street è trovare “la bellezza” in situazioni che tutti noi vediamo ogni giorno nelle nostre città ma che ,distrattamente o perché serve una macchina fotografica per congelare il momento, non riusciamo a vedere.
-Che cos’e` la curiosita`? 
La curiosità è ciò che ti spinge a superare i propri limiti e quindi di migliorare
-Chi o cosa ti piacerebbe fotografare ? 
Mi piacerebbe fotografare a Roma, non ne ho mai avuto la possibilità fino ad ora. Penso però che essendo una città nuova e molto grande servirebbero più giorni per trovare le zone e i posti adeguati.
-Qual e` il tuo prossimo progetto?  
Ho tanti progetti da portare avanti, sia a colori che in bianco e nero.
Ci sono progetti in cui gioco con le ombre come The Hunchback , The Big Shadow o The Triangle Shadows , altri in cui cerco di isolare i colori in ambito urbano come The City Palette e infine altri in cui cerco di rappresentare la frenesia urbana con The urban Racers.
Durante l’ultimo periodo ho pensato ad abbozzi di progetti da mettere in pratica che si concentrano in generale sulle ombre con forme geometriche in ambito urbano e alcune che sfruttano silhouette.. non sono ancora progetti veri e propri perché solitamente li testo “sul campo”.
-Che difficoltà hai incontrato lungo il tuo percorso? 
Vere difficoltà, non mi vengono in mente perché vivo la fotografia con molta serenità. L’unica difficoltà che potrei raccontare è il fatto che ciò che vedete nelle mie fotografie è frutto di studi e ricerche fatte in autonomia, sono totalmente autodidatta e non ho mai frequentato corsi, neanche quelli base quando iniziai a scattare.
-Quali esperienze decisive hai avuto nell’ambito fotografico? 
Come detto prima le esperienze più decisive sono quelle che ho vissuto imparando autonomamente da autodidatta. Mi piace scambiare opinioni fotografiche sui vari social e penso che abbiano aiutato, insieme all’osservare i lavori altrui, ad ampliare la mia visione sulla fotografia in generale.
Ho deciso di non frequentare nessun corso perché non ne ho sentito l’esigenza, forse sbagliando ma ho l’idea che imparando in autonomia è più facile trovare il proprio modo di fotografare e il proprio stile.
-Che cosa è necessario per poter cogliere l’attimo giusto?  
Per cogliere l’attimo giusto serve pazienza, perseveranza ed allenare l’occhio a cogliere e prevedere ciò che può succedere , anche intuendo l’imprevedibile.
-Che rapporto cerchi di instaurare con le persone/soggetti che vuoi ritrarre? 
Solitamente facendo street non instauro un rapporto vero e proprio, è più facile che scatti e subito dopo faccia un sorriso a chi magari sta passando nei paraggi…
Quasi sempre al mio sincero sorriso rispondono anche loro con un sorriso.
-Cosa ha influenzato il tuo stile? 
Il mio stile è stato influenzato da tutte le foto che ho potuto osservare nella mia vita in mostre, social , ecc… ma soprattutto dal mio modo di essere e vivere la fotografia… infatti lo stile per me non è solo la foto come risultato finale ma anche come ti approcci nell’ottenere quel preciso scatto. Per esempio io non sono un fotografo street “mordi e fuggi” , ovvero molto spesso trovo una zona favorevole e adeguata a ciò che vorrei fare e aspetto che la scena si concluda. A volte aspetto quasi una ora fermo (o quasi, cercando la composizione giusta) in un posto o magari torno più volte nello stesso punto… penso che la pazienza ripaghi quasi sempre.
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