“Racconti Fotografici” Numero 189: intervista a Mirko Candelori

Bentornati a “Racconti Fotografici” eccoci alla 189° edizione , oggi intervistiamo il fotografo Mirko Candelori, buona lettura.

Ti puoi presentare agli amici che ancora non ti conoscono?  

Salve a tutti, mi chiamo Mirko Candelori, ho 42 anni, vivo a Roseto degli Abruzzi (TE), un piccolo paese sulla costa adriatica. Sono appassionato di fotografia da circa sette anni. Sin dall’ inizio mi sono dedicato con più interesse alla fotografia di paesaggio perché è quella che ti colpisce prima e inoltre la ritengo più facile, non dal punto di vista tecnico ma dal punto di vista della fattibilità. Per un po’ di tempo, ho spostato la mia attenzione verso un tipo di fotografia più “viva” a me piace chiamarla “paesaggio animato” perché ritengo che l’essere umano sia l’anima della fotografia stessa. E così insieme alla fotografia di paesaggio, quando posso e i luoghi lo permettono cerco di dedicarmi anche alla street Photography. Mi piacerebbe dedicare ad essa più tempo e contemporaneamente migliorare la tecnica della fotografia di paesaggio e degli scatti in notturna che mi affascinano più dagli altri.

Da piccolo cosa sognavi di fare?

Ho sempre avuto molta immaginazione e molti sogni. Da bambino sognavo di fare il cantante e con i miei amici fingevamo di avere una band rock; da adolescente invece quando non si andava a scuola passavo l’estate a giocare a tennis e mi sarebbe piaciuto diventare un giocatore di tennis.

La prima foto che hai scattato?

Era il 2014, avevo appena comprato la mia prima reflex, una Canon 100D: ricordo che mi sono affacciato alla finestra ed ho fotografato le nuvole.

Quali sono i fotografi a cui ti ispiri e perché?                                   

Non mi ispiro a nessuno in particolare perché penso che ognuno abbia un modo di esprimersi ma apprezzo i grandi maestri della fotografia e le loro caratteristiche: il bianco e nero di Salgado e di Henry Cartier Bresson, il contrasto di colori di Steve Mc Curry e la street Photography di Alex Webb.

Cosa non è per te la fotografia?

La fotografia non è solo tecnica e tecnologia, non sono i like sui social, non è qualcosa che va spiegato. Non è competizione e non è omologazione.

Qual’è la sfida di ogni scatto?                                                    

Riuscire a trasmettere ciò che ho davanti agli occhi, suscitare una emozione.

Che cos’è la curiosità?                                                                        

È lo stimolo che ci permette di scoprire tutto quello che sta oltre la normalità. Ci dà la spinta alla crescita e al miglioramento. La curiosità ci tiene vivi.

Chi o cosa ti piacerebbe fotografare?

In cima alla lista metterei l’India, la Patagonia, le tribù africane e gli antichi villaggi dell’America Latina. Tantissime cose, mi accontenterei di farne almeno la metà.

Quali tappe hai attraversato per diventare il fotografo che sei oggi?

Ho frequentato due corsi, uno base ed uno avanzato. Mi sono stati molto utili per partire dopodiché mi sono dato da fare leggendo e studiando tutorial di altri fotografi.

 

Quali esperienze decisive hai avuto nell’ambito fotografico?    

Ancora poche ma spero di essere solo all’inizio. Mi hanno chiamato due volte per fare alcuni servizi e la scorsa estate ho esposto alcuni scatti in una piccola mostra. Il cammino è ancora lungo.

 

Che cosa è necessario per poter cogliere l’attimo giusto?               

Un po’ di fortuna non guasta mai, occorre molta tenacia, intraprendenza, spirito di sacrificio, intuizione e costanza.

 

Cosa ha influenzato il tuo stile?                                              

L’amore per la natura e la voglia di scoprire nuovi posti.

 

Quali sono i problemi che riscontri oggi nel fotografare?                 

Ho notato che in alcune situazioni, come ad esempio negli scatti di street Photography, spesso i soggetti ti guardano con diffidenza e con pregiudizio soprattutto in alcune regioni del sud. Però il bello è anche questo confrontarsi con realtà diverse.

Ci racconti un tuo aneddoto particolare o simpatico?                      

Me ne sono capitati tanti ma l‘ultimo è stato il più simpatico. Nel febbraio del 2019 mi trovavo a Trani con la mia compagna. Una mattina, pronto per uscire a fotografare la città, mi ero svegliato con una forma di congiuntivite ma, essendo fuori casa, non avevo la ricetta medica con me. Entro nella prima farmacia che incontro per chiedere gentilmente, di poter avere il prodotto specifico per la mia problematica dopo aver consultato telefonicamente il mio medico. Alla mia richiesta il farmacista, con fare “minaccioso” ma anche scherzoso mi avverte che qualora avessi detto una bugia mi avrebbe rubato la reflex. Prendo il farmaco, faccio per andarmene quando il farmacista improvvisamente mi precede e chiude il negozio (erano le 11 del mattino!), indica di seguirlo e mi porta nel retro dove aveva un computer nel quale c’erano salvate tantissime sue foto: anche lui appassionato fotografo!! Con fare entusiasta iniziammo un confronto avvincente tra due opposti schieramenti (Canon vs Nikon) mentre la gente fuori attendeva che la farmacia “riaprisse”!

Grazie a tutti!

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