“Racconti Fotografici” Numero 197: intervista a Gianluca Antonucci

Bentornati a “Racconti Fotografici” eccoci alla 197° edizione , oggi intervistiamo il fotografo Gianluca Antonucci, buona lettura.

Ti puoi presentare per gli amici che ancora non ti conoscono?

Ciao, mi chiamo Gianluca Antonucci, sono Calabrese, ho 40 anni, da un po di anni vivo a Firenze. Fotografo e Videomaker per passione e per lavoro. Ho incominciato da bambino, avrò avuto12 anni circa, quando i miei genitori mi regalarono la mia prima macchinetta fotografica. Per me la fotografia è espressione, ricerca, passione, mostrare alle persone il mondo attraverso i miei occhi. E così la fotografia è diventata una parte importante della mia vita.

-La prima foto che hai scattato?

Credo uno scorcio di mare e della mia infanzia, ma sono passati davvero tanti anni e non ricordo con precisione.

Quali sono i fotografi a cui ti ispiri e perché?

Ho incominciato a studiare la fotografia da autodidatta, ormai tanti anni fa, e ancora continuo a studiarla, non si finisce mai di apprendere. Mi piacciono molto Walker Evans, Elliott Erwitt, Richard Avedon, Mary Ellen Mark, Robert Frank, Ugo Mulas, Sebastiao Salgado, Philip Plisson, Franco Fontana, ognuno per il proprio modo di porsi e di raccontare con le immagini. Ultimamente sto riscoprendo la fotografia di Oliviero Toscani.

Cosa non è per te la fotografia?

Per me la fotografia non é aspettare che qualcosa di bello e di interessante accada davanti ai nostri occhi. Lo scatto va cercato e trovato, a volte con un pizzico di fortuna, ma le occasioni per fare fotografia ce le dobbiamo creare.

Qual è la sfida di ogni scatto?

Ogni scatto per me è cercare di materializzare quello che vedo attraverso i miei occhi e la mia mente, realizzare quello che mi gira per la testa, non è semplice e immediato: a volte ci riesco, a volte no. Cogliere un attimo, un particolare, insomma qualcosa che mi provochi emozioni.

Che cos’è la curiosità?

La curiosità è la benzina che ci serve per andare avanti nella ricerca delle immagini, se un’immagine non ti prende a pieno come pensi che possa attirare l’occhio di chi le guarderà?

Chi o cosa ti piacerebbe fotografare?

Mi piacerebbe fotografare “i fari” per il mondo, un po’ alla Philip Plisson, e passare una giornata a fare due chiacchiere e scattare qualche foto con Oliviero Toscani.

Qual è il tuo prossimo progetto?

Ho diversi progetti aperti, sia fotografici che video, uno di questi è ” il contrasto” incominciato qualche giorno fa (le due foto del bambino e dell’anziano). Sto portando avanti, inoltre, un progetto fotografico e video sul covid-19. La pandemia vista attraverso gli occhi della gente e attraverso l’impegno dei volontari; faccio parte del nucleo comunicazione del CISOM di Firenze (Corpo Italiano Soccorso Ordine di Malta). Il gruppo è impegnato nell’assistenza alle persone che vivono situazioni di marginalità sociale e di supporto alla Protezione Civile. Ora, con l’emergenza Covid sono molte le attività che vedono i volontari del gruppo impegnati in prima linea e mi piacerebbe restituirne un bel racconto.

Quali tappe hai attraversato per diventare il fotografo che sei oggi?

Per diventare quello che sono oggi ho dovuto mettermi alla prova, ascoltare tante critiche, svegliarmi all’alba e macinare tanti chilometri, ho dovuto studiare molto e imparare ad esser sempre recettivo perché questo è un campo in cui si può sempre imparare qualcosa di nuovo. Bisogna studiare tanto e so che la strada è ancora lunga.

 

 

Che difficoltà hai incontrato lungo il tuo percorso?

Tutti i giorni se ne affrontano di diverse, sicuramente una cosa che aiuta è avere intorno persone che ti incoraggiano, soprattutto quando i risultati che speri non arrivano. A volte una parola dalla persona giusta ti stimola per incominciare una nuova ricerca, così ti rimetti in moto e cerchi “la scintilla” da fotografare.

Che cosa è necessario per poter cogliere l’attimo giusto?

L’attimo giusto bisogna andarselo a cercare, crearselo, per questo l’esperienza sul campo è fondamentale, ti insegna i ritmi e a giocare di anticipo, ma cmq nulla è certo a questo mondo e gli imprevisti a volte ti danno proprio quella scintilla che cercavi, a volte no.

Che rapporto cerchi di instaurare con le persone/soggetti che vuoi ritrarre?

Dipende da che lavoro sto facendo, nella street poco, anzi cerco di passare inosservato, furtivo; nei ritratti credo che invece ci voglia più complicità e Il mio approccio cambia totalmente; insomma bisogna adattarsi alla situazione, e comunque l’importante è sempre dirigere e mai farsi trasportare dal momento e dalle situazioni.

-Cosa ha influenzato il tuo stile?

Sicuramente tutto quello che ho studiato ha cambiato il mio modo di fotografare, come anche le persone che ho incontrato durante il mio percorso. E’ stato un continuo evolversi e non so questo dove mi porterà. Lavoro però perché lo stile è importante e bisogna crearsi un timbro che ti distingue dagli altri. Un grande fotografo dice che usare la macchina fotografica è come suonare il piano, siamo tutti capaci, possiamo comprare anche il miglior pianoforte che esista, ma i risultati non saranno mai tutti uguali (cit. Oliviero Toscani).

-Quali sono i problemi che riscontri oggi nel fotografare?

Il tempo sicuramente, che non basta mai, credo sia uno dei miei grossi limiti, e gli orari che spesso sono di difficile gestione per lavorare su buoni scatti e incastrare tutti gli impegni.

-Ci racconti un tuo aneddoto particolare o simpatico?

Ricordo con simpatia un Matrimonio di amici dei miei genitori. Avevo 13 o 14 anni. C’era un fotografo instancabile e indaffarato al quale mi sono attaccato per scoprire i segreti di quello che, ai miei occhi di bambino, sembrava uno strano lavoro. Così ho passato una giornata da assistente, sicuramente creando a lui e all’assistente vero anche un discreto fastidio. A fine giornata però ricordo che si è fermato, mi ha preso il rullino dicendomi che lo avrebbe stampato, e di passare dal suo negozio a ritirare le foto e a fare due chiacchiere. Mi è piaciuto come mi ha raccontato quello che lui reputava il mio scatto migliore e i consigli da mettere in pratica. Un ragazzino reagisce con fierezza ad un incontro così istruttivo e conservo ancora oggi questo ricordo con molto piacere. E’ una di quelle cose che, a distanza di anni, continuerà a strapparmi un sorriso.

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