“Racconti Fotografici” Numero 231: intervista a Giacomo Russo

Bentornati a “Racconti Fotografici” eccoci alla 231° edizione , oggi intervistiamo il fotografo Giacomo Russo, buona lettura.

Ti puoi presentare per gli amici che ancora non ti conoscono ?
-Mi chiamo Giacomo Russo, ho 30 anni e vivo a Sant’Antimo, in provincia di Napoli. Lavoro in una ditta di serramenti, ma non è mai stato il lavoro dei miei sogni. Amo gli animali, viaggiare e, allo stesso tempo, scoprire nuove cose.

Da piccolo cosa sognavi di fare?
Sin da piccolo, il mio desiderio era quello di diventare un calciatore. Almeno fino a quando non ho scoperto la passione per la fotografia.

La prima foto che hai scattato?
Ho scattato la mia prima foto in Egitto, anche se viaggio da quando ho 18 anni. Purtroppo, ho avuto modo di comprare una fotocamera solo all’età di 27 anni (una Canon 1300 D). Non a caso, la mia passione è nata proprio grazie alle tante avventure che ho vissuto nel corso dei miei viaggi.

Quali sono i fotografi a cui ti ispiri e perché ?
Il fotografo a cui mi ispiro è Sebastiao Salgado. Grazie a lui ho deciso di lanciarmi nel mondo della fotografia e di comprare la mia prima macchina. Nelle foto di Salgado ho sempre notato la sua passione ed il duro lavoro, motivo per il quale lo reputo uno dei più grandi fotografi al mondo.

Cosa non è per te la fotografia ?
Per me la fotografia non è soltanto qualcosa di materiale. Ogni foto ha una propria storia, ed ogni storia è un insegnamento.

Qual e` la sfida di ogni scatto?
Come ho detto prima, raccontare una storia. Dietro ogni foto, cerco di regalare un emozione e di trasmettere le sensazioni che provo al momento dello scatto.

Che cos’è la curiosità?

Chi o cosa ti piacerebbe fotografare ?
Mi piacerebbe documentare ciò che accade nel mondo, a partire dalla strada fino a raccontare storie difficili e sensibili.

Qual e` il tuo prossimo progetto?
Il mio progetto per il futuro è trasformare la mia passione per la foto in una vera e propria professione.

Quali tappe hai attraversato per diventare il fotografo che sei oggi?
Ho frequentato un corso base per la fotografia, per poi viaggiare low cost (quando potevo permettermelo) e sperimentare le mia ‘competenze’ sul campo.

Che difficoltà hai incontrato lungo il tuo percorso?
In età adolescenziale, ho dovuto lasciare scuola e cercarmi un lavoro. Poi, col tempo e con qualche sacrificio, ho potuto finalmente raggiungere uno dei miei primi traguardi: comprare una macchina fotografica.

Quali esperienze decisive hai avuto nell’ambito fotografico?
Instabul rimmarrà sempre una tappa che ha segnato la mia esperienza fotografica.

Che cosa è necessario per poter cogliere l’attimo giusto?
In primis avere tanta pazienza. Prima di scattare una foto, credo che bisogni pensare, guardare e soprattutto agire con la massima concentrazione.

Che rapporto cerchi di instaurare con le persone/soggetti che vuoi ritrarre?
Cerco sempre di trasmettere sicurezza ai soggetti delle mie foto. Voglio che chi sia al centro dell’attenzione nelle mie immagini, abbia fiducia in me.

Cosa ha influenzato il tuo stile?
I racconti, specie quelli di guerra. Sono sempre stato attratto dai reportage su argomenti di questo genere, anche se ho una spiccata passione per la “street photography”

Ci racconti un tuo aneddoto particolare o simpatico?
Quando mi è capitato di incontrate un bambino ad Instabul. Ero in uno dei quartieri più poveri, quando mi incrocio con lui. Mi avvicino per fare qualche scatto, ma scappa ed io non riesco più a trovarlo. Ciò che resta di quel piccolo, però, è uno scatto che custodisco con molto affetto. Non a caso, non l’ho mai pubblicato in giro.

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