“Racconti Fotografici” Numero 298: intervista a Davide Borghi

Bentornati a “Racconti Fotografici” . Eccoci alla 298° edizione: oggi intervistiamo il fotografo Davide Borghi, buona lettura.

Ti puoi presentare per gli amici che ancora non ti conoscono?

Ho 48 anni e, tranne una breve parentesi della mia vita nella quale mi sono spostato a Pavia e Milano per motivi di lavoro, ho sempre vissuto a Siena, in Toscana. Lo sport e la fotografia sono le mie grandi passioni da sempre ma, soprattutto in questi ultimi anni (complice l’età e la rottura del legamento crociato del ginocchio), è stata la fotografia ad aver avuto il sopravvento. I miei generi preferiti sono il landscape e la fotografia notturna anche se cerco di non fossilizzarmi troppo.  Mi dedico anche al ritratto, alla fotografia sportiva e alla street.

Con il tempo sono arrivati dei piccoli riconoscimenti per i miei lavori e questo mi ha motivato ad andare avanti.

Da piccolo cosa sognavi di fare?

Da piccolo il mio sogno era di giocare a basket nell’NBA poi, crescendo, non ho più avuto le idee così chiare.

La prima foto che hai scattato?

Quando avevo 8 anni Papa Wojtyla venne per la prima volta in visita a Siena e il mio babbo mi prestò per l’occasione la sua macchina fotografica Agfa Silette per immortalare l’evento. Scattai la bellezza di 3 foto in sequenza quando la Papamobile passò davanti a me: conservo ancora le stampe di questi scatti nell’album di quando ero piccolo. Ovviamente non vennero un granché bene però ebbi l’impressione che, come per magia, avessi in qualche modo fermato il tempo.

Cosa non è per te la fotografia?

Posso essere un po’ cattivello? Sui social media vedo una quantità enorme di foto sfocate e sbilenche che vanno solo a caccia di like. Quella per me non è fotografia.

Qual è la sfida di ogni scatto?

Restando sul genere landscape, la prima sfida che occorre affrontare è quella di uscire dalla banalità, soprattutto se il luogo è molto conosciuto. Se non si pone la dovuta attenzione alla composizione dell’inquadratura, alle luci, alle ombre e all’atmosfera nel suo complesso, anche uno splendido paesaggio può diventare un comune ricordo che non comunica emozioni e che presto verrà dimenticato. Io, nel mio piccolo, cerco di aggiungere alle immagini sia realismo che, al tempo stesso, pittoricità e per questo è fondamentale ricercare situazioni e atmosfere particolari. A mio avviso, se non ci sono le condizioni ideali di luce non c’è neppure la foto. In questo penso che la fotografia sia un po’ come andare a pesca: butti la lenza ma non sai se il pesce abboccherà.

Che cos’è la curiosità?

La curiosità è la molla che ci spinge a migliorare e ad uscire dalla nostra confort zone. Senza curiosità scatteremmo sempre le stesse foto.

Volendo fare un esempio, quando ho iniziato ero molto attratto dalla fotografia notturna e dalle lunghe esposizioni ma non sapevo come realizzarle. Proprio la curiosità mi ha portato ad approfondire questo genere. Oggi nelle mie fotografie utilizzo molto le lunghe esposizioni perché donano un che di mistero e unicità allo scatto: anche io non posso prevedere con esattezza cosa succederà all’immagine quando lascio aperto l’otturatore, ad esempio, per 2 minuti.

 

Chi o cosa ti piacerebbe fotografare?

Mi piacerebbe unire insieme le mie due passioni, fotografia e sport, magari seguendo un evento sportivo importante a livello nazionale o europeo.

Qual è il tuo prossimo progetto?

Continuerò a documentare come la pandemia globale sta cambiando le nostre vite e inoltre, appena possibile, vorrei andare in Scozia per un reportage paesaggistico.

Quali tappe hai attraversato per diventare il fotografo che sei oggi?

La società sportiva per cui gareggiano tuttora i miei figli mi dette la possibilità di seguire da vicino i ragazzi e le ragazze nelle loro rispettive competizioni regionali e nazionali. Inizialmente fotografare soggetti in movimento all’interno di palazzetti male illuminati fu per me un vero incubo. Però al tempo stesso mi spinse ad investire maggiormente sull’attrezzatura (in particolare obiettivi luminosi ed una  full frame che reggesse bene gli alti ISO) e sulle mie conoscenze tecniche. Un’altra tappa fondamentale è stata quella di aver frequentato workshops con fotografi professionisti che ti possono dare sicuramente quel qualcosa in più per poter poi ricercare una strada che sia tua.

Quali esperienze decisive hai avuto nell’ambito fotografico?

Esperienze decisive direi ancora nessuna.

Che cosa è necessario per poter cogliere l’attimo giusto?

Ovviamente avere sempre con sé la macchina fotografica e farsi trovare pronti a scattare quando l’attimo giusto arriva. Nella street o nella fotografia sportiva una frazione di secondo può fare la differenza per cui è necessario riuscire a capire in anticipo quello che sta per succedere.

Che rapporto cerchi di instaurare con le persone/soggetti che vuoi ritrarre?

Quando realizzo dei ritratti cerco di creare una situazione di complicità in modo da avere espressioni più naturali e sincere. Tenere il soggetto troppo in “posa” dopo un po’ annoia sia me che, probabilmente, anche il soggetto stesso.

Cosa ha influenzato il tuo stile?

Le fonti d’ispirazione sono diverse. Possono essere le foto che ho visto sui social media, sui libri o ad una mostra. Senza tralasciare ovviamente il confronto con fotografi più bravi ed esperti di me.

I problemi che riscontri oggi nel fotografare?

Mai come oggi la fotografia è alla portata di tutti. Chiunque può tirar fuori il suo telefonino e scattare foto a qualsiasi cosa per poi condividerla immediatamente con i propri contatti. Abbiamo migliaia di foto nei nostri smartphone e negli hard disk dei pc. Però, rispetto al passato, abbiamo perso la voglia di stamparle. Proprio come per la prima foto che ho scattato quando era bambino e che ancora oggi conservo: le stampe restano nel tempo. Per quanto riguarda gli archivi digitali invece non ne sono così sicuro…

Ci racconti un tuo aneddoto particolare o simpatico?

Ce ne sono alcuni legati soprattutto a situazioni in cui ho preso dei piccoli rischi pur di portare a casa la fotografia che avevo in mente. Quello che ricordo più volentieri è successo a maggio 2020. Stavo uscendo di casa verso mezzanotte per andare a fotografare la via lattea in Val D’Orcia (da Siena dista circa 1 ora in macchina). Mio figlio di 11 anni è venuto ad abbracciarmi dicendomi di stare tranquillo perché, se mi fosse successo qualcosa di brutto, sarebbe venuto a trovarmi al cimitero.

 

Che difficoltà hai incontrato per affrontare la fotografia notturna?

La fotografia notturna cambia il modo di vedere le cose. Per realizzarla occorre senz’altro conoscere molto bene la propria attrezzatura e, almeno all’inizio, avere la pazienza di far pratica con le lunghe esposizioni. La difficoltà maggiore che trovo però è di tipo organizzativo a causa degli orari non proprio agevoli.

Un saluto a tutti,

Davide

 

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