“Racconti Fotografici” Numero 300: intervista a Fabio Costantini

Bentornati a “Racconti Fotografici” . Eccoci alla 300° edizione: oggi intervistiamo il fotografo Fabio Costantini, buona lettura.

Ti puoi presentare per gli amici che ancora non ti conoscono ? 53 anni, napoletano emigrante. Marito, e padre di Giulia e Vittoria.

Da piccolo cosa sognavi di fare? Indubbiamente e certamente il giocatore di pallacanestro, ci ho provato, ma non ero così bravo. E’ stata comunque una splendida lezione di vita.

La prima foto che hai scattato? Forse la più significativa al contesto di questa intervista è stato uno scatto fatto alle mie figlie pochi giorni dopo la nascita di Vittoria, la seconda. Aveva un qualcosa di artistico, almeno ai miei occhi.

Quali sono i fotografi a cui ti ispiri e perché ? Ho talmente tanto da imparare che non c’è un singolo fotografo a cui mi ispiro, ma quello che so con certezza è che il Canon Club Italia è stato, ed è, fonte di grandissima quotidiana ispirazione

Cosa non è per te la fotografia ? Un lavoro. Più volte nel corso di questi anni mi è stato proposto di fare lavori con una retribuzione, ma ho sempre scelto di non accettare. Volevo e voglio che rimanga un hobby, nel senso più puro del termine. Voglio potermi distrarre con la fotografia, voglio sentirmi libero con la fotografia.

Qual e` la sfida di ogni scatto? Cercare di migliorarmi. Regalarmi nuove emozioni, e con tanta umiltà pensare di poterne regalare. Immaginare che chi guarda un mio scatto provi una sensazione nuova, un emozione non provata.

Che cos’è la curiosità? E’ il fondamento di questa passione. Senza curiosità non si sperimenta, senza sperimentare non si sbaglia. E’ sbagliare è ancora per me fondamentale

Chi o cosa ti piacerebbe fotografare ? Il deserto. Sono affascinato dai suoi colori, riesco ad immaginare le notti in tenda pronto a cogliere le migliori luci. Lo farò, è tanto che ci penso.

Qual e` il tuo prossimo progetto? So di avere una grossa lacuna fotografica nell’uso dell’illuminazione artificiale. Sto cominciando a studiare, a confrontarmi. Spero che presto il Canon Club Italia possa ospitare miei scatti di portrait in esterno. Ci sto lavorando.

Quali tappe hai attraversato per diventare il fotografo che sei oggi? Credo sia tutto venuto naturalmente nel mio percorso. Come immagino sia successo a tanti, è stata la nascita delle mie figlie la molla che ha scatenato il tutto. Ma poi la vera prima tappa, come ripeto a tutti coloro che mi chiedono come ho imparato, è stata la scoperta del Canon Club Italia. Ho scoperto un mondo di competenze, di passione, di cultura, ma anche di modi gentili. Una caratteristica quest’ultima non sempre facile da trovare nel mondo del Web.

Quali esperienze decisive hai avuto nell’ambito fotografico? Oltre al già citato Canon Club Italia, un momento decisivo nel mio percorso è stato il comprendere quanto importante fosse uscire in gruppo con altri fotografi. Il confronto è stato ed è fonte di enorme arricchimento.

Che cosa è necessario per poter cogliere l’attimo giusto? Qui a risposta mi appare semplice e naturale, bisogna scattare, scattare e poi scattare ancora. Solo in questo modi si allena la mente; ed una mente allenata è pronta alle diverse situazioni, Ti fa saper muovere con velocità, se necessario, con calma e lentezza se richiesto dal contesto

Che rapporto cerchi di instaurare con le persone che vuoi ritrarre? Un caffè, una birra, un cappuccino sono tutti ingredienti fondamentali per una buona serie di scatti di portrait. Prima di scattare, bisogna parlarsi, conoscersi. Cerco di avere quindi un rapporto amicale, non direttivo. Cerco di catturare l’intimo delle persone pilotandole solo in aspetti secondari. Voglio, vorrei, che le persone che scattano con me si divertano, e conservino un bel ricordo di quelle ore trascorse insieme, aldilà del risultato finale.

Ci racconti un tuo aneddoto particolare o simpatico? Il tappo. Mi dicono sia successo a tanti, ma io non dimenticherò mai una serata destinata allo scatto delle lucciole al Parco delle cave a Milano. Beh, direi che si è già capito cosa può esser successo, ma ricordarmi gli improvvidi aumenti degli ISO, i tentativi di aprire il diaframma oltre l’impossibile, allungare i tempi di scatto oltre i 4 minuti per vedere poi sempre tutto rigorosamente nero è un qualcosa che difficilmente dimenticherò, e che sono certo anche i miei Amici di quella sera conservino nei loro ricordi. Viste le mie divertite imprecazioni successive….

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